Pipi e patati, la magia della cucina calabrese

Un po’ di sere fa un’amica mi raccontava di un piatto tipico preparato dalle parti di Cosenza, terra d’origine della madre: “pipi e patati”. Si scelgono 3 peperoni verdi, si tagliano a pezzetti e si fanno rosolare nell’olio d’oliva insieme a 5 patate tagliate sottili, con l’aggiunta di sale e peperoncino (poco). Nel descrivermi questa semplice ricetta, mi sembrava di sentire il profumo inebriante di quei peperoni e, anche ora che ne scrivo, l’effetto è lo stesso: magia della buona cucina.

Raccomandazione della mia amica, che a sua volta l’ha ricevuta dalla mamma e poi ancora dalla nonna: non girare mai le patate finché non diventano dorate. Si può presentare come contorno, ma anche come piatto unico, e magari , se volete evitare il fritto, potete provare la variante leggera al forno.

Un tempo era la ricetta delle massaie e dei contadini che lo utilizzavano come farcitura per il pane, quando andavano a lavorare nei campi, come gli abitanti di San Benedetto Ullano (a pochi km da Cosenza), località famosa per la comunità arbëreshë (i greco-albanesi stanziati in Italia tra il 1500 e il 1800) e per l’esistenza imperitura del rito bizantino. Ora è uno dei piatti più richiesti nelle trattorie del posto, gli ‘ntichi hanno sempre ragione.

Lezione di dizione calabrese. Fate attenzione alla pronuncia con l’aspirato: pipeh e pahtate!

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