Per chi ha bisogno di uno stop, la Basilicata è il posto indicato, per la sua rinomata lentezza. A Latronico – il nome vuole dire “luogo nascosto” – protetti dal verde abbraccio del Parco Nazionale del Pollino, ci si può rilassare nelle Terme Lucane.
Da maggio a ottobre, cure idropiniche nelle strutture ricettive attrezzate del posto, a base di acque di bicarbonato e solfato calcico e sulfureo: una cultura sull’argomento ve la potete fare al Museo del Termalismo presente in città.
Come dicevo, la lentezza contraddistingue il popolo lucano, che è dedito a tutti quei lavori dove il tempo non è un fattore da considerare. Nasce qui l’arte del Puntino ad Ago di Latronico, il merletto usato per i corredi nuziali di una volta e la lavorazione artigianale della pietra grigia di Latronico, il materiale di scalinate, portali e manufatti della città.
Anche il cibo richiede un impiego non definito del tempo. La pasta preparata artigianalmente con farine particolari si chiama Miskiglio e alla Taverna dei Gesuiti la si mangia con broccoli e pecorino.
Altri tipi di pasta casereccia latronichesi sono: le Tapparedde cch’i lardari (lasagnette con funghi porcini), i Maccaruni ‘i casa ccu’ savuzizzonu e coria (fusilli con salsiccione e cotica), i Rascatieddi du’ gualano (gnocchi a tre dita del lavoratore), i Maccaruni ‘i casa cca’ muddica (fusilli con la mollica del pane), i Tagliulini e fasuoli ccu’ zzifft (tagliolini, fagioli e polvere di peperoni macinati), le Lagane e ciciri (lagane e ceci), la Coria e fasuoli (cotica e fagioli), Raviuoli cca’ ricotta (ravioli con ricotta di pecora), Virmicieddi ‘a trappitara (vermicelli alla trappitara) e l’elenco, per gli amanti dello slow food lucano, potrebbe continuare ancora, ancora, ancora. Tanto di tempo qui ce n’è.