Il pane di Matera come i Sassi… eterno!

Come tutti i giovani pseudo-globetrotters-a zero-spese della mia età, anch’io ho  trascorso intere giornate ad affrontare lunghe ed estenuanti selezioni per partire all’estero, con la scusa del Leonardo. Per chi non lo sapesse, è il progetto di mobilità in paesi stranieri per studenti e laureati che vogliono imparare una lingua e allo stesso tempo lavorare.

Una di queste selezioni si è svolta a Matera, la città dei sassi e anche la città senza stazioni e treni. A mio parere, una delle città più belle del sud Italia e anche una delle più fotografate dai nipponici che, davanti alla sua bellezza intatta da millenni, rimangono estasiati e senza megabyte nelle Nikon a furia di scatti multipli e compulsivi.

Ma come si fa a rimanere indifferenti davanti a questo paesaggio culturale (così è nella definizione dei Sassi accolti dal Patrimonio dell’Unesco) che racconta di villaggi preistorici scavati nella pietra, di fortificazioni e chiese rupestri a ridosso di vertiginosi  burroni, di influenze orientali, ma anche nordiche, di affascinanti caverne e lugubri grotte?

Devo ammetterlo, le selezioni sono state solo un pretesto per fare ancora una volta la turista e, come ogni viaggiatore che si rispetti, assaggiare le prelibatezze locali è d’obbligo.

Innanzitutto il pane di Matera, lo sanno anche i Sassi appunto, è rinomato per la sua bontà: cottura al forno al legna per una mollica soffice e crosta croccante, capace di durare anche fino a 12 giorni dalla preparazione! E con il pane a Matera ci fanno di tutto anche le polpette (in dialetto locale u pl’pytt d’ peen), passate poi al sugo di pomodoro, come al ristorante Rugantino e la minestra (la Cialledd) con l’aggiunta di qualche fettina di cipolla, due o tre olive e un po’ d’olio. Abbastanza spartani ma ad alto valore nutrizionale, per ricordarci che le cose semplici sono anche le più genuine e che di questi tempi non si butta via niente.